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martedì 8 febbraio 2011

Alla ricerca dell'esperienza collettiva


Viviamo immersi nelle nostre realtà e cerchiamo quelle piccole cose che ci fanno star bene.
Tutto o quasi si è trasformato in esperienza collettiva. Dai vecchi cinema nei quali veniva proiettato un solo film, siamo passati ai giganteschi multisala, veri e propri contenitori sociali, nei quali la gente si concentra in una sorta di isteria cinematografica. Per non parlare degli ipermercati e degli outlet, fenomeno non solo economico ma anche architettonico e paesaggistico (capiremo tra qualche decennio quale sarà l'impatto ambientale, forse) , che stanno soppiantando i piccoli negozi di paese. Anche in questo caso la gente vi si riversa in massa, intraprendendo anche lunghi viaggi in autostrada, pur di essere presenti e pronti a sfruttare le "offerte" del giorno. Con buona pace dei centri storici delle città, che stanno subendo una sorta di desertificazione commerciale.
Tutto ormai è esperienza collettiva, anche la messa in vendita di un nuovo modello di telefono cellulare. Basti pensare al caso Apple, e al suo guru Steve Jobs, che hanno trasformato il lancio sul mercato dell'iPhone in un evento di massa. Centinaia, migliaia di persone all'esterno degli Apple Store in attesa di poter acquistare l'ultimo modello in uscita (e chissà come la prenderanno i freschi possessori dell'iPhone 4, quando verranno a sapere che la prossima estate uscirà la versione 5!!!).

Mi chiedo cosa ci spinga a fare le stesse cose che fanno gli altri e se stiamo poco alla volta perdendo coscienza e conoscenza critica. Forse condividere esperienze rende meno amara la vita quotidiana ed aiuta ad avere uno o più argomenti di cui parlare quando si esce con gli amici: "Hai visto anche tu l'ultimo film con Di Caprio? Sei stato in quel nuovo gigantesco centro commerciale? Se è solo questo il motivo poveri noi!

giovedì 3 febbraio 2011

Anna Karenina e David Lynch

Ce l'ho fatta, sono arrivata alla fine. Ci ho messo un mese soltanto, del resto. Non come quella volta con Don Chisciotte, cinque mesi se non sbaglio. O con la Recherche, due anni e mezzo. E anche questa volta ne è valsa la pena.
Sentivo come un mio dovere leggere Anna Karenina: una vergogna trascurare uno dei pilastri del romanzo moderno! Ma non è stato faticoso, come avevo pensato e temuto. E' stato anzi un viaggio avvincente nella Russia aristocratica dell'Ottocento, nella vita e nella mente di alcuni personaggi che resteranno eterni nella memoria collettiva di tutti noi lettori. Su alcune parti (incluso il finale, con rivelazione del senso della vita per uno dei protagonisti) ho le mie riserve... ma è una storia bellissima e leggerla è stato come vivere una vita, tante vite in più, piene di senso.

Ma leggere Anna Karenina mi ha portato anche a pormi alcune domande. Prima fra tutte: è un romanzo osannato dai critici, dalla maggior parte dei lettori di anobii.com (la fonte per me più attendibile), che ha fatto la storia della letteratura moderna. Eppure, per quanto sembri ancora "benvoluto" dalla comunità dei lettori, mi rendo conto che differisce moltissimo dai romanzi che oggi hanno tanto successo. Oggi un editore non pubblicherebbe MAI un libro del genere, un tomo di 800 e più pagine la cui trama, seppur a tratti avvincente, si sfarina e si sperde tra i mille insignificanti avvenimenti quotidiani, tra le varie peripezie psicologiche dei personaggi, nelle scene di vita all'interno dei salotti aristocratici di Mosca e Pietroburgo e nei quadretti di vita rurale. Non sarebbe commerciabile, non renderebbe. E allora, come si spiega il successo di questo romanzo, la fama che nonostante i secoli perdura? Mi viene da chiedermi... forse, come per Proust, tanta gente ama citare questo e altri romanzoni russi, senza averli mai letti davvero? O, forse, si sbagliano gli editori, e scrivere un libro così oggi sarebbe comunque sensato, ci sarebbe un gruppo nutrito di lettori pronto ad acquistarlo? Magari è come per la televisione... guardiamo e siamo ormai abituati a tutti quei programmi pessimi, ma non appena trasmettono un film o una trasmissione di un certo livello lo share si impenna. Sporadici esperimenti mediatici che ci regalano comunque ancora qualche speranza.

E poi ho un' altra domanda, un dubbio che mi è sorto non appena ho letto queste parole:

La mattina un terribile incubo, che le era apparso parecchie volte nei sogni ancora prima
della relazione con Vrònskij, le apparve di nuovo e la svegliò. Un vecchietto con la barba arruffata
faceva qualcosa, chinato su del ferro, dicendo intanto parole francesi senza senso, e lei, come
sempre in quell’incubo (il che appunto formava il suo orrore), sentiva che quel mužicjòk non faceva nessun’attenzione a lei. E si svegliò in un sudore freddo.


Il vecchietto ritorna più volte nei sogni di Anna Karenina e verso la fine del libro. Sempre inquietante e insensato.

Che David Lynch, per il suo nano di Twin Peaks, che balla e parla al contrario, si sia ispirato a lui? Secondo me è molto probabile.

martedì 1 febbraio 2011

La vita è una ripetizione?


Avete mai visto "Ricomincio da capo"? Un bel film di qualche anno fa, ambientato in un paesino della Pennsylvania, nel quale Bill Murray interpreta un giornalista di una televisione locale incaricato di realizzare un servizio sulla festa per la celebrazione del Giorno della Marmotta. Qui si ritrova inspiegabilmente intrappolato in una sorta di vortice temporale, che lo porta a svegliarsi sempre alle 06.00 del mattino dello stesso giorno, e a rivivere le stesse situazioni con le stesse persone.
Prendendo spunto da questo film e riflettendo sommariamente sulla vita della maggior parte di noi mi sono chiesto: viviamo una vita ripetitiva? Siamo appagati e sicuri quando rifacciamo più o meno le stesse cose ogni giorno, ma perché? Perché ci comportiamo in questo modo? Forse stiamo tutti rincorrendo qualcosa, e in questo rincorrere ci troviamo a fare sempre le stesse cose? Forse cerchiamo inconsciamente di rifarle meglio, per avere un'altra occasione, per riscattarci? Troppe domande, senza risposta.