Aveva vent'anni Giovan Battista Piranesi quando, al seguito dell'ambasciatore veneziano Francesco Venier, giunse a Roma. Nato a Mogliano Veneto (TV) nel 1720, Piranesi aveva lavorato a Venezia acquisendo competenze di architetto, disegnatore di scenografie teatrali e incisore all'acquaforte.
Una volta a Roma iniziò a studiare l'architettura della città, ma ben presto realizzò che le possibilità in questo campo erano scarse e, sempre più affascinato da ciò che era stata l'architettura antica di Roma, iniziò a ritrarla nelle sue vedute e incisioni.
Nel 1748 inizia la serie delle Vedute di Roma in cui Piranesi ricostruisce i monumenti dell’antichità con precisione e rigore filologici ma al tempo stesso scegliendo scorci insoliti e utilizzando un suggestivo gioco di luci e ombre.
Ma la sua migliore produzione, per quel che mi riguarda, è la serie di Capricci (1745) e delle famose Carceri d'invenzione (1745-1750), in cui è presente l'influenza del conterraneo Tiepolo. Un'originalità stilistica che si ritrova anche nelle Vedute di Roma.
Un'atmosfera lontana e suggestiva aleggia tra le rovine e gli archi, nei sepolcri abbandonati, nel foro, nel vestibolo di un antico tempio, sotto l'ampio arco di un ponte.
Un immaginario surreale e al tempo stesso determinato da un'infinità di piccoli dettagli, nel quale l'antica Roma rivive, velata di Romanticismo e di Sogno.
Nell'immagine qui sopra vedete un esempio di Capriccio, la via Appia immaginata da Piranesi (cliccare per ingrandire)
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